Non c’è solo il rischio insolvenze post guerra in Ucraina che impatta sul commercio in paesi cardine come la Germania, ma anche la situazione di crisi che si sta verificando al porto di Shanghai, il più grande al mondo da cui passa il 20% del traffico globale, dopo il lockdown nella megalopoli. Si tratta di due minacce distanti e distinte che però si abbattono simultaneamente sula globalizzazione, perché interessano direttamente strade, binari, mari e industrie.
Shangai
Si sta per tornare allo scenario del 2020, quando il lockdown applicato per il Covid interruppe le catene di approvvigionamento globali. La bolla imposta da due settimane a Shanghai può trasformarsi in un secondo stop al transito delle merci verso Ue e Usa, con un danno preciso per chi spedisce e per chi riceve. I contagi nella città hanno imposto al governo una serie di misure, che determinano la chiusura di alcune fabbriche come Tesla e quindi la conseguente carenza di camionisti. Ma oltre il panico alimentare per i cittadini di Shangai, esiste un altro effetto collaterale sul trasporto mondiale.
Crac?
Nelle prossime settimane è verosimile immaginare che non ci saranno le canoniche partenze dal porto. Già adesso il numero di navi in attesa di carico o scarico è salito alle stelle, mentre le tariffe del trasporto aereo di merci tra Shanghai e il nord Europa sono aumentate del 43% rispetto a prima dei contagi. I vettori si aspettano tempi di consegna più lunghi, maggiori costi di trasporto e una possibile carenza di prodotti. Shanghai è la base finanziaria e manifatturiera più importante del paese, con la sua produzione che rappresenta il 4% del Pil.
Inoltre la Banca Mondiale ha previsto che la politica cinese zero-Covid sta provocando dei danni economici significativi: l’istituto, per questa ragione, ha tagliato le previsioni di crescita della Cina per il 2022 dall’8,1% dello scorso anno al 5%.
Prezzi
Le associazioni del commercio tedesche da giorni stanno lanciando l’allarme sulle possibili insolvenze che potrebbe mettere a repentaglio l’offerta di prodotti alla popolazione. Anche queste sono le conseguenze economiche della guerra in Ucraina per le piccole e medie imprese e quindi anche per cittadini e lavoratori. L’aumento dei prezzi del diesel non può essere calmierato dalla sola riduzione della tassa sugli oli minerali annunciata dal governo federale. Le navi bloccate nel Mar Nero sono la plastica raffigurazione di questo imbuto.
@L_Argomento
(Foto: Shanghai on Flickr)