La posizione del ministro francese agli affari europei, Clement Beaune, “un’adesione ucraina è impossibile prima di 10-20 anni” è un assist a Vladimir Putin oppure alla fazione neutrale che non vuole scegliere tra Washington e Berlino? Questo l’interrogativo che circola negli ambienti diplomatici europei, all’indomani di una presa di posizione che non è poi un fulmine a ciel sereno.
Parigi chiama Mosca
Nessuno ha dimenticato quando, all’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, il Presidente francese Emmanuel Macron si era speso in prima persona per comprendere le motivazioni di Mosca, non solo telefonicamente ma anche recandosi in visita da Putin. Quell’incontro, al di là del tavolo da sei metri che divideva i due capi di stato, aveva mostrato plasticamente la preoccupazione europea per i propri destini economici prima che per i confini ucraini. Oggi l’uscita del neo ministro francese riporta massicciamente l’attenzione su questo tema.
Ue spaccata
Nell’Ue di fatto è in corso una spaccatura tattica e ovviamente anche geopolitica: i polacchi e i baltici sostengono un ingresso rapido di Kiev nell’Unione, in funzione anti-russa. Temono come è noto che le pulsioni imperialiste russe possano essere di fatto replicate anche nei loro territori. Tra l’altro è questa la motivazione principale per cui Svezia e Finlandia hanno fatto un passo deciso in avanti, chiedendo l’adesione alla Nato.
Il nodo è rappresentato dal cosiddetto asse franco-tedesco. Le parole del cancelliere Olaf Scholz danno un’indicazione precisa su come Berlino sia molto preoccupata degli effetti sul proprio tessuto industriale: “E’ un fatto di equità rispetto ai paesi dei Balcani che sono candidati da molti anni…”. Una motivazione ovviamente pretestuosa, che cela il vero nodo della questione: l’irrigidimento di Mosca dinanzi alla liason Ue-Ucraina, che si riverbera sugli approvvigionamenti energetici per i paesi del vecchio continente.
Pressione Scholz
Sul cancelliere tedesco Olaf Scholz si stanno concentrando una serie di pressioni da parte del mondo industriale teutonico, che deve affrontare le due sfide post guerra: inflazione e crollo della crescita. Il numero uno dell’Ifo, Clemens Fuest, lo ha detto a chiare lettere: la situazione economica è in gravi condizioni e le banche centrali sono chiamate a combattere l’inflazione in modo deciso.
A ciò si aggiungono i problemi di filiera e quelli dettati dalla pandemia che non è stata superata definitivamente, come dimostra lo status quo in Cina, che sta zavorrando non poco il paese guidato da Xi. Gli shock dei prezzi dell’energia e le problematiche connesse alla catena di approvvigionamento sono oggi maggiori rispetto al passato, a causa dell’economia globale più interconnessa.
@L_Argomento