M5S: Conte conferma, no al voto dopo il Colle

Test leadership su capogruppo Senato

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Il Quirinale, e le dirette conseguenze, restano al centro di ogni dibattito interno al M5S. Le parole di Giuseppe Conte, che esclude un ritorno alle urne anche nel caso in cui fosse Mario Draghi il successore di Sergio Mattarella, non convincono del tutto le truppe, che restano scettiche sulle reali intenzioni degli attuali alleati di governo (vedi alla voce Lega), ma anche su quelle dei compagni di coalizione del Pd.

Ma i ‘sospetti’ restano pure sul nuovo corso del Movimento. Ecco perché l’ex premier ribadisce: “Se l’obiettivo è mettere in protezione il Paese e avviare efficacemente il Pnrr, vanno salvaguardati”, dunque andare a votare “un attimo dopo” aver eletto il nuovo presidente della Repubblica “è per me una soluzione improvvida e non prudente. Non ne ravviso le condizioni”.

Conte, però, continua a non togliere dalla lista dei papabili l’attuale presidente del Consiglio. Garantisce che il M5S si impegnerà al Colle ci sia “una figura di alto profilo, che possa essere una garanzia per l’unità nazionale”. Quindi, “perché escludere Draghi? Non ci sono preclusioni”, è il suo ragionamento, al quale stavolta aggiunge una postilla: “Ovviamente, bisogna verificare che ci siano tutte le condizioni”. Ad esempio, quella di confermare la stessa maggioranza larga nel caso in cui a Palazzo Chigi si renda necessario trovare un nuovo inquilino. E questo “dipende”, dice Conte.

Spiegando: “E’ chiaro che se fosse Draghi a salire al Quirinale verrebbe meno il presidente del Consiglio. Quindi una circostanza non indifferente rispetto ad altre soluzioni e bisognerà quindi vagliare le condizioni”. Poi puntualizza di non volersi “avventurare nel toto-nomi”, perché ritiene ogni discorso sul tema “prematuro”. In questo c’è un punto di contatto con Luigi Di Maio, che invece si chiama fuori da ogni dibattito sul Colle. “Io sono un grande estimatore del presidente Draghi e lavoriamo convintamente ogni giorno, però non mi presto adesso al totonomi, è troppo presto”, prova a mettere un punto il ministro degli Esteri. Che ammonisce indirettamente chi sogna le urne dopo il voto sul capo dello Stato.

“Se andassimo al voto anticipato a febbraio, un governo non lo avremmo prima di giugno o luglio, cioè quando dovremo iniziare a spendere i 230 miliardi di euro dei fondi europei non avremmo un governo nel pieno dei suoi poteri.

E, soprattutto, non avremmo un esecutivo per affrontare il tema della terza dose del vaccino”. Argomentazioni che fanno presa sui parlamentari, in particolare su quelli del M5S. Che, nonostante tutto, restano determinanti in questo Parlamento.Domani si avrà un primo assaggio dell’umore delle truppe, con il voto per la scelta del nuovo capogruppo in Senato. A Palazzo Madama resta forte la possibilità di una conferma per Ettore Licheri, ma gli occhi saranno puntati sulla sfidante, Mariolina Castellone, che si dichiara ‘non ostile’ al nuovo corso del Movimento, ma sente che è l’ora di dare spazio a una donna nei ruoli di vertice.

Sulla senatrice campana potrebbero convergere i delusi dalla svolta contiana e anche se, pallottoliere alla mano, i numeri dovrebbero lasciare invariata la composizione del Direttivo, nel caso in cui i voti per Castellone superassero i 20, o addirittura toccassero quota 30 (su 74 portavoce in totale), sarebbe un segnale per la leadership di Conte. Non un pericolo, ma servirebbe un’attenta e profonda riflessione.