C’era una volta quel gigante politico di Marco Pannella
C’era una volta quel gigante politico di Marco Pannella
A cinque anni dalla sua scomparsa bisogna scrivere e ricordarlo furi dal rosario post mortem. Un gigante che è stato sullo sfondo del grande racconto della nostra Repubblica.
Ha guidato il partito Radicale, è stato il leader e promotore delle principali battaglie di Libertà, Giustizia, diritti civili, antiproibizionismo, referendum. Si è battuto aspramente in difesa di Enzo Tortora e per le garanzie dei detenuti nelle carceri invocando a più riprese l’indulto e il miglioramento delle condizioni detentive. Un paladino della laicità.
I giovani d’oggi possono guardare a lui come quelli della mia generazione vedevano i partigiani della Liberazione. Un primo Pannella con il maglione a collo alto, la collana pacifista che fa i suoi sit-in come un Julian Beck del Living di Teramo e invoca il “satyagraha”: un modernizzatore chiassoso fastidioso alla politica della Controriforma beghina e democristiana. E poi un secondo Pannella che sfinisce Silvio Berlusconi rilanciando con le sue ferree condizioni di trattativa, sbuffandogli in faccia boccate di sigaro sotto un gazebo elettorale per ore. Il suo stile guascone, da vecchia volpe, irriverente, titolare della ditta Lista Marco Pannella con il simbolo gandhiano dentro un ovale giallo.
L’otto percento alle Europee del ’99 segnerà il massimo successo elettorale della sua impresa. Radicalmente fuori dal Parlamento per un decennio (96-2006) e stando ai margini riuscirà comunque a condurre campagne importanti e a vincerle.
Essere cresciuti con le sue discussioni, le iperboli, i profluvi come Castro a Cuba trasmessi nel palinsesto notturno dell’emittente TeleRoma 56 in un mix teatrale che mescolava il comizio all’happening: codino argentato, sigaro acceso, cravatte fluorescenti, occhi acuti e che sprizzavano brillantezza e acume; la tempra cocciuta abruzzese, l’osare e l’usarsi in tutti i modi, coinvolgendo il corpo: la fame, la sete, i bavagli. I bersagli delle sue piazzate erano la partitocrazia ipocrita e compatta nell’ Italia delle P2 e delle p38 dagli anni di piombo in poi. Ricordiamo un faccia a faccia televisivo con Giulio Andreotti: “Pannella è curioso. Fa tanti digiuni ma ogni tanto quando parla fa anche dei gran minestroni”.
Marco: eretico predicatore della moralità della Seconda Repubblica. Un profeta disarmato con grandezze e limiti. Molti lo accusavano di essere un “padre padrone” ma lui ribatteva sicuro: “Non ho mai espulso nessuno!”.
Non riuscì a raccogliere l’eredita del partito socialista dopo Bettino Craxi e fondò una formazione, La rosa nel pugno, che ebbe vita breve. La sua militanza era sete di verità. Paragrafando la biografia del mattatore Vittorio Gassman che pure lui, assieme a Celentano, Vasco Rossi e altri votò Radicale, possiamo dire: Marco Pannella, un grande avvenire dietro le spalle.
C’era una volta quel gigante politico di Marco Pannella
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Regista e autore di una cosa che si chiamava Teatro. Intellettuale vintage di particolare avvenenza, fuma tabacco con Latakia. Crede di essere una brava persona.