Non c’è solo il fronte ucraino a spaventare mercati, imprese e cittadini ma il complessivo retroterra post-pandemia che già ribolliva prima del conflitto. E’ un problema non solo italiano, visto che i livelli di inflazione sono alti anche negli Usa. Ma l’intero capitolo delle conseguenze abbraccia molti fronti, dai livelli occupazionali alla pianificazione di scelte di vita come ad esempio l’andare in pensione o l’acquisto di beni di prima necessità come il pane.
Previsioni
Gli aumenti di prezzo per moltissimi prodotti e servizi fanno incupire le previsioni per i prossimi mesi, con da un lato i consumatori che si fermano nel mettere la mano in tasca per oggettiva paura e, dall’altro, cittadini e famiglie che non riescono ad affrontare le spese quotidiane. Negli Usa la recessione economica non è più sono uni spauracchio, ma un rischio concreto secondo molti analisti. Però getta acqua sul fuoco il Ceo di Bank of America, Brian Moynihan, secondo cui la spesa negli Usa resta sana nonostante l’inflazione: “I consumatori statunitensi sono una forza molto forte e puoi vederli molto sani. I loro saldi dei prestiti sono in calo, hanno un’ampia capacità di indebitamento e hanno un’ampia capacità di spesa”.
Prezzi e FMI
In Germania i prezzi non sono mai stati così alti dal 1949, mentre il FMI riduce le previsioni di crescita globale al 3,6% poiché la guerra in Ucraina colpisce duramente e in più direzioni. Si tratta di una battuta d’arresto per chi deve affrontare spese raddoppiate e tassi di interesse. La nuova previsione è inferiore di 0,8 punti percentuali rispetto alla sua proiezione di gennaio e comprende anche un taglio di 1,3 punti rispetto alle prospettive diffuse nello scorso ottobre. Anche per la Cina il Fondo monetario internazionale ha ulteriormente ridotto le sue previsioni di crescita, al 4,4%, ben al di sotto delle speranze di Pechino del 5,5%.
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