Lo avevamo scritto su queste colonne l’8 marzo scorso che forse l’unico soggetto in grado di negoziare davvero con Mosca poteva essere il Vaticano. Oggi si apprende che Papa Francesco vorrebbe parlare con Vladimir Putin di persona, al fine di capire (e carpire) ciò che sta trasformando in una diatriba sanguinosa una reazione geopolitica dai tratti somatici non completamente chiari e dall’esito tutt’altro che prossimo.
Ciò non significa che automaticamente le armi saranno silenziate, ma dopo aver visto sfilare una serie di possibili mediatori che, per ragioni di merito, non potevano esserlo fino in fondo, la carica finale rappresentata da Bergoglio non potrà certo venire svilita dall’interlocutore. Sarà inoltre un segno planetario della volontà di porre fine al conflitto, in un modo o in un altro.
A rimarcare il percorso valoriale che ha portato al desiderio fatto trapelare da Bergoglio, qualche giorno fa ci ha pensato il cardinale Pietro Parolin mettendo l’accento su un termine non casuale quando ha detto che oggi c’è bisogno di una nuova Conferenza di Helsinki. Il riferimento è all’evento del 1975 che riuscì ad avviare una sorta di fermo biologico della Guerra fredda tra le super potenze di ieri. Il Segretario di Stato ha inteso con quel richiamo sottolineare uno “schema di pace” da contrapporre allo “scherma di guerra”.
La tesi bergogliana è che “tanta brutalità come si fa a non fermarla?”, quindi l’obiettivo della pace può essere perseguito solo con in testa l’idea completamente pragmatica di un cessate il fuoco, a cui arrivare tramite ovviamente dei piccoli-grandi passi, che il Papa nella sua conversazione con il Corriere della Sera indica a grandi linee: il troppo appoggio militare occidentale alla resistenza ucraina, le scelte tattiche della Nato, la rabbia russa che impatta sui civili, i test delle nuove armi.
Ed è appunto questa la ragione per cui i canali silenziosi sono stati affiancati dalla decisione papale di venire allo scoperto e annunciare la sua intenzione. A cui andrà aggiunta, gioco forza, la risposta dello zar di Mosca.
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