Josep Martínez tra calcio, Inter e il tragico incidente di Fenegrò
Un sole pallido illumina la SP32, la strada che i giocatori dell’Inter conoscono a memoria: 5 chilometri di curve dolci tra i campi di mais, poi Appiano Gentile. Josep Martínez guida il suo BYD elettrico nuovo di zecca – regalo dello sponsor – con la radio bassa e la mente già al pallone. È il secondo portiere, uno che sorride poco ma lavora tanto.
Davanti a lui, sulla pista ciclabile, Paolo Saibene spinge la sua carrozzina elettrica a quattro ruote. 81 anni, ex meccanico della Fiat, capelli bianchi e un cappotto troppo pesante per la stagione. I vicini lo salutano sempre: “Ciao Paolo, vai piano eh”.Poi succede.
Il secondo che cambia due vite
Un testimone – una mamma che porta il figlio a scuola – racconta:
«Ho visto la carrozzina sbandare di colpo, come se il signore avesse perso i sensi. Ha tagliato la strada in diagonale, senza frenare. Il SUV non ha avuto il tempo di sterzare.»
Josep preme il freno fino in fondo. Troppo tardi. L’impatto è secco, violento. Paolo vola a tre metri, atterra sull’asfalto e non si muove più.
Martínez scende di corsa. Le mani gli tremano così forte che lascia cadere il telefono.
«Aiutatemi, per favore!» urla in spagnolo, poi prova l’italiano: «Chiamate l’ambulanza!»
Insieme a due automobilisti inizia il massaggio cardiaco. 112, elicottero, sirene. Ma Paolo non respira più.

Chi è davvero Josep Martínez
27 anni, di Alicante. È arrivato all’Inter a luglio con la fama di “uno che non parla mai”. In realtà parla, ma solo con i fatti: para rigori in allenamento, arriva sempre un’ora prima, saluta il magazziniere per nome.
Il giorno prima aveva postato una stories: lui che gioca con il cane in giardino. Caption: “Grazie a chi mi sopporta ❤️”.
Ora quel telefono è sequestrato. Non perché fosse su WhatsApp – i tabulati lo diranno – ma perché in Italia, quando muore qualcuno, tutto viene controllato. È la legge, non la caccia alle streghe.
Il paese in lutto, non in guerra
A Fenegrò non ci sono striscioni contro Martínez. Ci sono fiori davanti al bar dove Paolo prendeva il caffè ogni mattina. Ci sono i figli di Paolo – due, uno vive a Milano – che abbracciano i carabinieri e dicono:
«Vogliamo solo capire. Nostra padre aveva il cuore debole.»
Il sindaco ha messo le bandiere a mezz’asta. Nessun “giustizia per Paolo” urlato in piazza. Solo silenzio.

Cosa succede ora
- Autopsia: tra 48 ore sapremo se Paolo ha avuto un malore. Se sì, il caso penale si chiude.
- Josep: è a casa, con uno psicologo dell’Inter. Non dorme. Non mangia.
- La squadra: ha annullato la conferenza stampa pre-Fiorentina. Chivu ha detto solo: “Oggi non è giorno di parole.”
“Fenegrò, la strada che ha spezzato due cuori: Paolo e Josep, un malore e un abbraccio impossibile”
Perché la verità non è “portiere uccide anziano”. La verità è che nessuno voleva morire, e nessuno voleva uccidere.
Solo due persone qualunque, in un martedì di ottobre, su una strada che ora sembra infinita.
Forza Paolo. Forza Josep. E forza a chi guida domani mattina: occhi aperti, cuore grande.
