Chi era James Senese, morto il 29 , il sax che ha fatto cantare Napoli

Secondo le notizie ufficiali e le principali fonti italiane (come ANSA, La Repubblica e Il Mattino), James Senese è morto il 29 ottobre 2025 all’età di 80 anni, presso l’ospedale Cardarelli di Napoli, dove era ricoverato da circa un mese a causa di complicazioni respiratorie legate a un’infezione polmonare.
James Senese, il sassofonista che ha fatto parlare il sax in dialetto napoletano, è morto questa mattina all’età di 80 anni all’ospedale Cardarelli.Un’infezione polmonare, aggravata dalle sue condizioni di salute già fragili – tra dialisi e un ricovero iniziato il 24 settembre – ha spento una voce che ha attraversato generazioni.
“Non bastano parole per un dolore così grande, ma solo un grazie”, ha scritto l’amico fraterno Enzo Avitabile sui social, dando voce a un lutto che travalica i confini della città.
Senese non era solo un musicista: era il ponte tra il soul americano e la polvere dei vicoli di Napoli.
Il padre del Neapolitan Power, colui che ha trasformato il dialetto in ritmo universale.
Le origini: un “nero a metà” nel cuore di Napoli
Nato Gaetano Senese il 6 gennaio 1945 a Miano, James era figlio di Anna, napoletana, e di un soldato afroamericano del North Carolina, James Smith, sbarcato in Italia durante la Seconda Guerra Mondiale.
Cresciuto dal nonno Gaetano, senza un padre presente, Senese portava con orgoglio quel “nero a metà” che ne ha segnato identità e arte: un miscuglio di sangue africano e mediterraneo che si rifletteva nel suo suono, graffiante come il Vesuvio.
“Ho sempre sentito Napoli come mia, ma con un ritmo che veniva da lontano”, amava ripetere, con quell’ironia dolceamara che lo ha sempre accompagnato.
Dagli esordi al soul partenopeo
La musica è stata la sua ancora fin da ragazzo.
Nel 1961, a Terzigno, fonda con l’amico Mario Musella i Gigi e i suoi Aster.
Due anni dopo, con Vito Russo, nascono i 4 Conny: primi esperimenti di rhythm & blues in un’Italia ancora legata al Festival di Sanremo.
Ma il 1965 è l’anno della svolta.
Con gli Showmen, James porta nel Paese la furia soul di Otis Redding e James Brown.
Un linguaggio nuovo, fatto di groove e passione.
Brani come “Un bagno di sole” o “Mi sei entrata nel cuore” portano il vento del Sud in radio, aprendo la strada a un sound unico: napoletano, urbano, universale.
Napoli Centrale: il Big Bang del Neapolitan Power
Nel 1972, Senese fonda i Napoli Centrale con il batterista Franco Del Prete e il tastierista Bruno Zurlo.
È l’inizio di una rivoluzione: jazz, funk, dialetto e denuncia sociale.
L’album d’esordio del 1975, Napoli Centrale, è un manifesto: “Campagna”, “L’emigrante”, “Sotto ’e stelle”.
James non suona: grida nel sax le storie di un popolo dimenticato.
È in quegli anni che nasce l’incontro con Pino Daniele.
Senese lo scopre, gli compra il primo basso e lo porta nella band.
Nel 1981, insieme, accendono Piazza del Plebiscito con un concerto leggendario: nasce ufficialmente il Neapolitan Power, un movimento che unisce blues, rock e tarantella.
“Con lui se n’è andata metà della mia anima”, aveva detto James dopo la morte di Daniele, nel gennaio 2025.
Un dolore che Napoli non ha mai davvero superato.
La solitudine del genio
Gli anni ’80 portano nuove sfide.
I Napoli Centrale si sciolgono, e Senese inizia la carriera da solista.
Nel 1991 pubblica “Hey James”, un album dedicato al padre mai conosciuto: un urlo d’amore e rabbia.
Seguono “Zitte! Sta arrivanne ’o mammone” (1999), con Lucio Dalla e Enzo Gragnaniello, e “Chesta nun è ’a terra mia” (2025), il suo ultimo disco, un testamento musicale contro le ingiustizie sociali.
Il sax nel cinema e i riconoscimenti
La voce del suo sax ha attraversato anche il grande schermo.
Da “Pane e tulipani” a “Song ’e Napule” dei Manetti Bros., Senese ha firmato colonne sonore che profumano di strada e verità.
Nel 1990, all’Apollo Theater di New York, gli americani lo ribattezzano “Brother in soul”.
Ha suonato con Bob Marley, Gil Evans, e l’Art Ensemble of Chicago.
La sua ultima apparizione pubblica?
Settembre 2025, al festival Pino È di Napoli.
Un sax tremante, ma ancora vivo.
Pochi giorni dopo, il ricovero.
L’eredità di James Senese
Con lui se ne va una parte della Napoli più autentica: quella che ride, soffre e suona.
Un artista che ha dato voce ai vicoli, ai sogni e alle ferite di una città intera.
“James era Napoli – la sua rabbia, la sua grazia, il suo ritmo”, scrive un fan su X.
Ma le sue note restano, sospese tra jazz e malinconia, pronte a raccontare ancora la storia di un popolo che non smette mai di suonare.
